Emanuele Piccardo. La continua deriva urbanistica genovese

L’area della ex fabbrica Aura, compressa tra le montagne.

L’urbanistica è morta e gli urbanisti oggi sono stati sostituiti dagli immobiliaristi che impongono le regole al pubblico, sempre minoritario e incapace a governare il territorio. Genova rimane un caso studio interessante e paradigmatico, evidente nel PUC (Piano Urbanistico Comunale) del 1997, che ha sostituito il Piano Regolatore per via della legge regionale 36/97, nato sotto la giunta Sansa e poi approvato nel 2000 dalla giunta Pericu I. Nel 2004, anno in cui Genova è capitale europea della cultura, Renzo Piano presenta l’ Affresco, il progetto che ripensa la città nell’arco di vent’anni. La giunta Vincenzi costituisce nel 2008 l’Urban Lab ideato da Renzo Piano, diretto da Anna Corsi, con la partecipazione di Richard Burdett, per redigere il progetto preliminare del PUC consegnato nel dicembre 2010, adottato nel dicembre 2011 e approvato dalla giunta Doria il 3 dicembre 2015. Così appare interessante indagare il caso recente della ex Aura, a Nervi, paradigma di una situazione fuori controllo. Se torniamo indietro nel tempo osserviamo quanto ha influito nel determinare le scelte politiche e le competenze specifiche, il passaggio dall’assessorato alla qualità urbana, assunto dall’urbanista Bruno Gabrielli, all’assessorato all’urbanistica che si è tenuta la Vincenzi, per finire con la delega a Bernini nella giunta Doria. Così l’urbanistica comunale è stata gestita dai funzionari, con una regia pubblica debole e pasticciona, come nel caso del concorso del Blueprint, e una serie di fattori che non tornano. Infatti le incongruenze si sono verificate nei distretti del PUC del 2015, ovvero quelle aree soggette a trasformazione attraverso il Piano Urbanistico Operativo (che ha sostituito i Piani particolareggiati), come per l’ex Aura redatto dallo studio OBR per conto della Roseto SRL. Nel PUC del 2000 quell’area era considerata zona industriale, mentre nel successivo invece si poteva inserire: “residenza, servizi di uso pubblico e privati, parcheggi privati, parcheggi pubblici e servizi pubblici per verde e sport, connettivo urbano, esercizi di vicinato, realizzazione dell’impianto sportivo pubblico”. Da una attenta analisi dei dati disponibili sul sito del Comune si evidenzia come la situazione sia sfuggita di mano, senza aver verificato se effettivamente i metri quadri dell’area della ex fabbrica pari a 13600 ( di cui edificabili 8554 e i restanti coltivati a uliveto), fossero sufficienti ad ospitare così tante funzioni al suo interno.

Nello specifico va evidenziato come l’Indice Utilizzazione Insediativa nel Piano adottato dal Comune nel 2011 sia pari a 0,50 mq/mq mentre nel PUC del 2015 si sia adottata la Superficie Agibile Esistente, ovvero si può demolire e ricostruire a parità di superficie. L’intervento degli OBR , allievi di Renzo Piano, consiste in due torri residenziali, con la palestra di quartiere per 150 spettatori (che i media avevano trasformato magicamente in palazzetto dello sport) semi-ipogea, ed esercizi commerciali, rappresenta il paradigma delle speculazioni immobiliari frutto di una debolezza politica nella contrattazione con il privato, sia da parte dell’attuale amministrazione comunale di centrodestra sia dalle precedenti di centrosinistra, diversamente da quanto accade in altri stati europei dove il pubblico governa le trasformazioni.

Stupisce anche l’assenso dato dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici della Liguria (guidata fino a pochi mesi fa da Vincenzo Tinè) in relazione al rapporto tra il nuovo insediamento e l’orografia del sito, in quanto il progetto rappresenta un evidente fuoriscala che non considera il rapporto con il contesto, come si vede nelle immagini.
Infatti  proprio le immagini dei render sono funzionali a veicolare il messaggio del buon rapporto tra le torri e il contesto, facilmente smascherato dalle sezioni dell’area in oggetto con l’inserimento delle torri in relazione all’altezza dei fabbricati esistenti e dal confronto tra la situazione attuale e quella futura. In altri casi genovesi, come la torre di Luigi Carlo Daneri a Quarto (1962-1966),  si denota come la conformazione territoriale riesca ad accogliere la verticalità enfatizzando la capacità di Daneri nel leggere il sito e adeguare conseguentemente l’architettura che non si riscontra nel progetto della ex Aura.

D’altronde come ci insegna la storia recente di Genova, ogni volta che si parla di riconversione e riuso delle aree industriali la prima funzione è sempre la più redditizia, la residenza o il centro commerciale, come avvenuto per l’ex area Ansaldo della Fiumara o l’ex sito della raffineria Erg a Bolzaneto, mai funzioni di uso pubblico come parchi, impianti sportivi, centri di cultura…Questioni su cui tutti dobbiamo riflettere per non continuare a commettere errori nel progetto della Genova futura.

[Emanuele Piccardo]

Le immagini sono state tratte dal sito del Comune di Genova qui

29.9.19