Roberta Valtorta_Archivio dello Spazio



“L’insistenza dello sguardo di cinquantotto selezionatissimi fotografi ci consegna l’idea di un paesaggio inquietante, caoticamente antropizzato, costruita con meticolosa determinazione lungo un decennio di profonde modificazioni. Una collezione da studiare, immagine per immagine, da parte di tutti coloro che cercheranno di decifrare i segni (e i significati) di questo nostro tempo”. (A. Sacconi, Annuario in: A. Sacconi e R. Valtorta, “1987-1997 Archivio dello Spazio. Dieci anni di fotografia italiana sul territorio della provincia di Milano”, Art&, Udine 1997).

Queste parole di Achille Sacconi coordinatore del progetto Beni Architettonici e Ambientali della provincia di Milano, in seno al quale è nato il grande progetto fotografico noto come Archivio dello Spazio, sono molto importanti per una riflessione sui significati assai complessi di questo grande lavoro di analisi del paesaggio contemporaneo durato dieci anni, dal 1987 al 1997, periodo finale del passaggio da civiltà industriale a civiltà post-industriale nel quale si è determinato il mutamento definitivo del suo volto.

Per durata, stringente metodicità, numero degli operatori coinvolti, dinamicità e impegno dell’area culturale interessata, continuità delle iniziative, e in virtù del preciso ambito pubblico che negli anni ha accolto tutto questo, in luce storica il progetto può essere considerato lo sbocco simbolico e al tempo stesso estremamente reale di molte delle tensioni culturali che hanno attraversato la fotografia italiana negli anni Settanta e Ottanta e che soprattutto hanno puntato a collegare l’esigenza di un rinnovamento dei linguaggi e dell’identità stessa del mezzo alla necessità di un definitivo riconoscimento della fotografia da parte dell’istituzione pubblica.

Non è un caso che oggi, a progetto finito e sulla base della collezione di fotografie esistente (arricchita anche dalle opere prodotte nell’ambito del recente progetto ‘Milano senza confini’, dedicato alla città di Milano stessa), la Provincia di Milano (insieme alla regione Lombardia e al Comune di Cinisello Balsamo) stia lavorando alla creazione del Museo di Fotografia Contemporanea che avrà sede a Villa Ghirlanda di Cinisello Balsamo: esattamente, e simbolicamente, uno dei beni architettonici rilevati e sottoposti a lettura fotografica.

L’idea-guida iniziale di Archivio dello Spazio è che la rilevazione dei beni sia accompagnata da campagne fotografiche che non solo innalzino il livello di qualità del documento fotografico, ma pongano anche in primo piano l’autorialità del fotografo come intelletuale che sa confrontarsi con la complessità e gli stridori del paesaggio contemporaneo. Nel momento in cui viene preso questo orientamento, nel dibattito sulla possibilità di una rappresentazione del paesagggio antropizzato attraverso la fotografia è ancora molto forte il tema della memoria e della ricerca dell’identità dei luoghi, ed è ancora attuale, per la cultura fotografica italiana, la discussione sul rapporto fra “documento” e “interpretazione” (anche a causa di ultime soppravvivenze di tipo idealistico).

Ma nel corso di dieci anni la scena cambia totalmente , sia quella del paesaggio che quella della fotografia: accade così che in seno all’Archivio dello Spazio si riversino tutte le questione legate al crollo dell’identità dei luoghi connessa all’accelerazione del processo di mutazione post-industriale, e insieme tutte quelle legate all’evoluzione del concetto stesso di fotografia: sostanzialmente lo spostamento, finalmente anche presso la cultura italiana, da una resistente idea di “documento” a un’idea di progetto di natura artistica. In questa luce storica è utile sottolineare come non sia un caso che i lavori preparatori di archivio dello Spazio datino alla prima metà degli anni Ottanta, paralleli e molto vicini alle istanze e alle ispirazioni che guidarono progetti pilota come Viaggio in Italia di Luigi Ghirri e la Mission photographique de la DATAR, entrambi pensati nei primi anni Ottanta e realizzati nel 1984: la ricerca di una nuova visione del paesaggio contemporaneo intrecciata alla riflessione sull’identità concettuale della fotografia, e insieme la discussione sul ruolo degli enti pubblici nell’utilizzo della fotografia come forma di ricerca. I molti fotografi che hanno collaborato al progetto milanese appartengono a una cultura fondamentalmente omogenea che ha certamente più a cuore la funziione culturale e civile della fotografia e poi, in crescendo, la sua posizione fra le arti contemporanee, che non un suo diretto utilizzo professionale.

Il grande gruppo, nella sua interna coerenza e nelle sue differenze, rispecchia i cambiamenti nel modo di essere della fotografia italaina più impegnata sul fronte culturale da vent’anni a questa parte. Vi sono esponenti di quella fotografia di reportage sociale che ha preceduto, sul piano dell’impegno civile, la fotografia di paesaggio (Colombo, Berengo Gardin, Merisio, Nicolini); vi sono i maestri della cosiddetta “scuola di paesaggio” italiana (Ghirri, Guidi, Jodice, Basilico, Ventura, Garzia, Barbieri, Castella, Fossati); vi sono esempi di grandi fotografi che, provenienti da aree altre, hanno poi spostato il loro interesse sul paesaggio (Radino,Tatge); fotografi che lavorano sui beni culturali all’interno delle istituzioni (Vlahov, Baldassari); fotografi-galleristi-docenti-curatori, figure che hanno lavorato a cambiare il tessuto culturale della fotografia italiana (Bossaglia, Cresci, Abati, Marangoni, Chiaramonte, Pozzi); fotografi che lavorando da giovani sul paesqggio sono poi divenuti riferimento per le generazioni degli attuali giovani (Gentili, Agostini, Lorusso, Bacci); fotografi-architetti che operano a cavallo dei due ambiti (Battistella, Rosselli, Brunetti); fotografi attivi prevalentemente nel’area della ricerca artistica più che della professione (Ballo Charmet, Niedermayr, Delucca, De Pietri); giovani che sono pervenuti alla fotografia attraverso gli studi, figure nuove nel nostro paese (Favini, Gariglio, Pedroli, Orlandi, Piccinini, Scarpa, Gruppo Scema La Luce, Gruppo Geoph, Gruppo La Grana Grossa); e qualche fotografo straniero molto legato alla tradizione italiana e all’ambiente ghirriano (Cuchi White).

Tutte queste identità collegate fanno dell’Archivio dello Spazio una sorta di testamento della fotografia italiana di fine secolo. Il progetto è una grande opera corale che ci parla di un territorio, quello intorno a Milano, profondamente urbanizzato e perciò altamente indicativo. I beni ambientali e architettonici sono i perni simbolici intorno ai quali ruota tutto il lavoro.

[Roberta Valtorta]
Curatrice del progetto Archivio dello Spazio insieme ad Achille Sacconi

(tratto da “Luoghi come paesaggi”, 2000, Edizioni Comune di Rubiera)

Si ringrazia Roberta Valtorta per la disponibilità e la concessione del diritto di utilizzo del testo ed i vari autori per le immagini.

©copyright archphoto-Roberta Valtorta per il testo, gli autori per le fotografie