Silvia Vespasiani. VISTAMARE

L’altra faccia della luna

[…] Veniamo ora a questi territori della costa adriatica urbanizzati con finalità turistiche a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso sulla scia del “boom” economico, fotografati e studiati con metodo da Silvia Vespasiani per molti anni, a partire dal 2011. Siamo di fronte a qualcosa di particolare, cioè a una sorta di “tentativo di luogo”. Si tratta infatti di vaste aree fortemente interessate (volutamente indirizzate) da un turismo stanziale basato sulla seconda casa, “villetta” o condominio, e anche da un altro particolare tipo di turismo che potremmo definire abitudinario, che per molto tempo ha visto alberghi e pensioni trasformarsi in pseudo condomini continuamente frequentati dagli stessi ospiti. Si può parlare di desiderio indotto di  luoghi che durante le vacanze potessero replicare le abitudini e la familiarità garantite dalle case di città, grandi o meno grandi, da cui provenivano gli abitanti: però in vacanza, vicino al mare, e con maggior presenza di verde.

Il tipico non-luogo corrisponde a uno spazio architettonico, urbano o periurbano, dai caratteri molto omologati, che si caratterizza per un utilizzo transitorio, del tutto impersonale e soprattutto pubblico, senza che vi sia alcuna forma di appropriazione psicologica da parte di chi si trova temporaneamente ad abitarlo o soltanto a transitarvi (tipicamente, l’aeroporto, la stazione, il centro commerciale, l’autostrada, il parcheggio, l’albergo stesso, il motel, il villaggio turistico etc). Invece nel caso di queste “città per vacanze balneari” (ma si trova qualcosa di analogo in alcuni casi anche in montagna), il tentativo è stato quello di istituire luoghi del tutto simili alle città, seppur in modo approssimativo e in tono minore.

Accantonata ogni tipo di  considerazione degli aspetti naturalistici, dunque delle caratteristiche intrinseche del territorio, un modello urbano ritenuto e nei fatti ormai dimostratosi vincente è stato calato su gran parte del litorale adriatico: quello molto potente e, possiamo dire, aggressivo della periferia, cioè di un vasto insieme di strutture abitative seriali e “generiche”, storicamente pensate per ospitare le masse dei lavoratori dell’industria. E questo sul litorale adriatico è avvenuto non certo in nome della provvisorietà, nota tipica delle vacanze, ma di una insistente simulazione della durata, cioè di un abitare familiare, consolidato e, appunto, identitario.

Al fine di mettere in chiara evidenza l’aspetto urbano periferico di questi insediamenti sul mare, Silvia Vespasiani ha fotografato in precise condizioni di tempo e di luce: ha stabilito insomma quale “rappresentazione” mettere in scena. Innanzitutto ha scelto i mesi invernali in cui, finite le vacanze estive e i periodi di bel tempo in cui le case possono talvolta essere brevemente utilizzate, questi luoghi sono disabitati, senza vita, inutilizzati, inutili si potrebbe dire.

Sappiamo che la fotografia è sempre laconica. Questo è nella sua natura. Ma vi sono modi per farla diventare ancora più silenziosa, fino a renderla muta. Per accentuare il senso di vuoto e di abbandono, le riprese sono state realizzate in presenza di cieli grigi o bianchi, spenti, e con una vaga luce diffusa che appiattisce il paesaggio, oppure all’imbrunire quando non di notte. Le città-vacanza sono così diventate gusci vuoti, spettri talvolta, le facciate delle case tetre apparizioni sprofondate nel silenzio, le finestre chiuse muti e ciechi rettangoli. Proprio quelle finestre che garantirebbero la “vista mare” che dà titolo alla ricerca di Vespasiani e che, spiega la fotografa, indica anche l’ubicazione degli edifici rispetto alla spiaggia e quindi allude al tipo di prezzo che costituisce la “rendita di posizione” degli appartamenti. […] Sono immagini che mettono davanti ai nostri occhi l’aspetto inquietante e nascosto di questi territori così profondamente e sistematicamente modificati dall’uomo, il retro della scenografia del teatro dell’estate, ci rivelano l’altra faccia della luna.

[Roberta Valtorta]

Il lavoro fotografico Vistamare nasce nel 2011 nell’ambito delle ricerche per la scrittura del libro Città Stagionali. Rigenerazione urbana oltre il turismo (2014, FrancoAngeli). I luoghi fotografati sono centri estivi della costa adriatica che si popolano in estate e rimangono pressoché disabitati durante l’inverno.

Nel 2018 viene pubblicato il libro Vistamare dall’Editrice Quinlan con un testo di Roberta Valtorta.

Silvia Vespasiani è nata a San Benedetto del Tronto nel 1967. Architetto Ph.D, dopo la laurea si trasferisce a Barcellona fino al 2004 dove affianca il lavoro professionale a ricerche sulle trasformazioni dello spazio urbano in cui sperimenta la fotografia come strumento disciplinare d’indagine e di rappresentazione. Attualmente si dedica a progetti fotografici di lungo termine prevalentemente rivolti alle trasformazioni dei luoghi abitati.

Mostre collettive: Rosolinamare, Museo Regionale della Bonifica Cà Vendramin Taglio di Po (2015, Silvia Vespasiani); Katastrophé, DOCfield Dummy Award Fundaciò Banc Sabadell The Folio Club Barcellona (2015, Silvia Vespasiani + Paolo Groff),Strato Impermeabile, Palazzina Azzurra San Benedetto del Tronto (2014, Silvia Vespasiani).

10.12.20