Dialoghi periferici: Officina82

Cabanon, Garessio 2011-2017

Officina82 viene fondato nel 2007 da Lara Sappa e Fabio Revetria a Garessio, nella provincia di Cuneo. Il loro lavoro si è sviluppato in una delle aree interne italiane a partire dal recupero di una “tradizione” tipologica e costruttiva per poi riadattarla a una visione contemporanea dell’architettura. Con loro archphoto apre una riflessione sugli architetti che lavorano nelle aree interne e marginali a livello internazionali.

Emanuele Piccardo: Quando nasce Officina82?
Officina82: Lo studio Officina82 è nato il 22 settembre 2007, quando dopo la laurea triennale e la relativa abilitazione alla professione, abbiamo deciso di iniziare a lavorare per mettere in pratica le nozioni teoriche apprese all’università. Nello stesso periodo ci siamo iscritti alla laurea specialistica in architettura e progetto, affiancando il frequentare delle lezioni in università ai primi lavori. Il primo progetto e relativo plastico del cabanon è del 2008. Questo periodo è stato molto formativo perché nella maggior parte dei casi le revisioni dei laboratori all’università avevano come tema i nostri lavori reali. Negli anni abbiamo sperimentato diverse strade e ambiti disciplinari per riuscire a comprendere meglio e sul campo le nostre attitudini. Dopo la laurea specialistica Lara si è abilitata alla professione come architetto paesaggista. Negli anni successivi abbiamo realizzato il cabanon, cantiere che è durato dal 2011 fino al 2017, e in parte realizzato in autocostruzione. Negli anni abbiamo affiancato la progettazione architettonica al restauro, alla progettazione paesaggistica e a quella scenografica museale. Questo continuo cambio di scala e prospettiva ha arricchito in maniera determinante il nostro approccio intorno alla progettazione. Oggi aree principali su cui operiamo sono il recupero del patrimonio edilizio esistente e la scenografia museale e ogni lavoro si arricchisce automaticamente anche dello sguardo maturato negli altri ambiti.

Cabanon, Garessio 2011-2017

EP: Cosa significa per voi lavorare in una area interna?

O82: Lavorare in un’area interna è allo stesso tempo una grande opportunità e una grandissima fatica. Per noi che abbiamo iniziato da zero senza studi di parenti alle spalle lavorare in una piccola realtà è stato faticoso ma ci ha permesso di fare esperienza partendo dal basso, con artigiani che non avevano mai visto un architetto in vita loro, insomma, una bella palestra durata anni da cui, se ne esci vivo, ti fa accumulare una buona esperienza.
Il lavoro nelle aree interne è comunque una mediazione continua tra la mancanza di committenti locali e la volontà di dimostrare che anche con progetti semplici in aree periferiche si può provare a fare la differenza. La maggior parte dei nostri clienti sono comunque stranieri, mentre sulla scenografia lavoriamo nella maggior parte dei casi con musei francesi. Quindi l’essere fisicamente a Garessio ormai è solo un dettaglio geografico che purtroppo non ha coerenza con la distribuzione dei lavori. Oggi per noi è possibile avere lo studio a Garessio grazie alla rete, nel 2007 una skype call era impensabile, per fortuna negli ultimi anni la velocità della connessione è andata di pari passo con la crescita del nostro studio. Progetti come il Capanno o StarsBOX sono comunque un tentativo di far arrivare anche qui un approccio più fresco e contemporaneo alla progettazione che attraverso lavori maggiormente comprensibili possa attivare nei locali la voglia di emularli. In ogni caso il vivere e l’abitare in periferia ha molti aspetti positivi, non solo geografici ma anche culturali, vivere a mezz’ora dal Mediterraneo a pochi km proprio all’inizio delle Alpi ti insegna fin da subito a gestire contrasti che alimentano immaginari e stimoli variegati. Penso ad esempio a una recente conferenza in cui Giuseppe Penone, alla domanda di come avesse fatto a emergere lavorando a Garessio e se non avesse complessi di inferiorità rispetto ai colleghi cittadini, ha risposto che anzi, essendo cresciuti in campagna un’area marginale si hanno molte più competenze a livello pratico e una sorta di capacità di adattamento alle situazioni maggiore di chi è cresciuto in città. E noi non possiamo che essere d’accordo, è esattamente la stessa realtà che viviamo noi.


Casa 3, Ormea 2018-2019

EP: Quanto il territorio di Garessio influenza la vostra ricerca nel rivisitare le tipologie architettoniche tradizionali come il capanno?

O82: Abitare in Valle è fondamentale per coltivare l’approccio verso le architetture rurali tradizionali che conosciamo da sempre essendo cresciuti in mezzo ai boschi della Val Tanaro (Lara) e della Val Bormida (Fabio). Gli stimoli e la forte vocazione territoriale che ci ha trasmesso la facoltà di architettura del Politecnico di Torino nella sede di Mondovì è stata determinante per riconoscere il valore di quel costruito anche in chiave paesaggistica dandoci gli strumenti per poterlo interpretare in modo più distaccato e immaginarne un futuro che il tramonto delle attività rurali di sussistenza avevano segnato. Come dicevo il progetto del Capanno è del 2008 quando poco si parlava di questo approccio alla progettazione ed è stata una bella sorpresa prima scoprire il tema della Biennale 2018 e poi essere parte del Padiglione Italia, in qualche modo è stat la conferma che dieci anni di lavoro erano stati spesi nella direzione giusta.

StarsBOX, 2018-2019, varie sedi, ph.Isabella Sassi Farias

ph. Simone Mondino

Il rapporto tra la nostra progettazione e la natura è innanzi tutto di profondo rispetto. Rispetto sia per il costruito storico sia per il luogo in cui è inserito. Anche nei lavori sugli edifici più poveri cerchiamo di applicare un approccio proprio del restauro, in cui ad esempio manteniamo ben distinti i lavori di recupero dell’esistente dai nuovi inserimenti, perseguendo tra gli altri i concetti di riconoscibilità e reversibilità.

Ad esempio il cabanon era un progetto a cui tenevamo molto e abbiamo deciso di costruirlo per noi, qui a Garessio in un terreno acquistato nel 2008 allo scopo di creare un luogo di sperimentazione sia a livello architettonico che paesaggistico. Nello stesso terreno coltiviamo un orto e un giardino (compatibilmente col poco tempo che ci rimane oltre al lavoro di studio) in cui negli anni abbiamo fatto crescere insieme architettura, piante ornamentali, spontanee e ortaggi. Uno dei commenti più interessati al nostro lavoro è arrivato dai social e diceva : “ fanno cose semplici in maniera straordinaria”. Crediamo che sia una definizione molto azzeccata di quello che proviamo a fare col nostro lavoro: non progettazioni spettacolari e super patinate ma piuttosto interventi sinceri con un senso alle spalle.

[Lara Sappa, Fabio Revetria]

25.5.20