Emanuele Piccardo. Paolo Minetti, un gigante dell’arte contemporanea

Emilio Rebora e Robert Morris, Galleriaforma, ph.Giorgio Bergami, copyright Publifoto

Paolo Minetti se ne è andato. Lo avevo incontrato nel 2013 quando, insieme ad Amit Wolf, stavo lavorando alla ricerca Beyond Environment. Ero andato a casa sua nel quartiere genovese di San Martino. Un uomo minuto pieno di energia creativa, che raccontava della sua amicizia con Germano Celant e di quella straordinaria stagione dell’arte contemporanea a Genova incominciata con la Borsa di Arlecchino, forma di teatro sperimentale nato a Genova nel 1957 fondato da Aldo Trionfo e diretto da Minetti fino al 1962. Anno in cui partecipa alla cooperativa di artisti che aprono a Boccadasse la Galleria Il Deposito. Da allora si sviluppa un fecondo periodo di sperimentazione in tutte le arti terminata con la fondazione del Museo di arte contemporanea di Villa Croce nel 1985, e la cui triste storia conosciamo tutti oggi.

Minetti è stato un animatore culturale, un gallerista dal fiuto impareggiabile che dialogava con i più importanti artisti degli anni sessanta-settanta e con galleristi come Ileana Sonnabend. Dopo l’esperienza al Deposito fonda con Emilio Rebora nel 1972 la Galleriaforma con la mostra inaugurale il  dedicata allo scultore Mario Ceroli. Ma la sua figura di intellettuale va inserita in un contesto culturale ampio che ha visto protagonisti Eugenio Carmi che curava la rivista Italsider ed era anche dentro al Deposito, Rodolfo Vitone scomparso da poco ed editore della rivista Marcatrè, house organ del gruppo letterario ’63, diretta dallo storico dell’arte Eugenio Battisti, mentore di Celant. E ancora la Bertesca dove Celant fece nel 1967 la prima mostra sull’Arte Povera, la Galleria Porquoi Pas poi trasformatasi in Martini&Ronchetti, Unimedia di Caterina Gualco, La Samangallery di Ida Gianelli.

Galleriaforma fin dagli esordi ha saputo guardare alla sperimentazione in atto a livello internazionale concentrandosi sulla Minimal Art, Land Art e Conceptual Art, supportata dalle relazioni che Celant aveva instaurato in Nordamerica. All’inizio degli anni settanta molti artisti americani avevano trovato in Genova una città aperta al dibattito e interessata, grazie a galleristi come Minetti, Martini&Ronchetti, Gualco e Gianelli, a ospitare le loro ricerche. Tra le mostre della Galleriaforma quella di Robert Morris fu sicuramente una delle più interessanti, anche per la complessità nell’installare le travi che furono fatte passare dalle finestre, insieme a Record as Artwork. Il disco come opera d’arte (1959-1973) a cura di Celant.

Invito della personale di Gordon Matta-Clark, 24 ottobre 1973

Nonostante tutta la sua fervida attività, l’opera di Paolo Minetti rimarrà nota nei libri di storia dell’arte per aver invitato l’artista americano Gordon Matta-Clark nell’ottobre 1973 ad una mostra monografica in galleria. Matta-Clark realizza a Genova il suo primo cutting legale sulle alture di Sestri Ponente, recentemente oggetto di una passeggiata organizzata da Joseph Grima con Mark Wigley autore di una ricerca monografica su Matta-Clark (Lars Muller 2018). “Il tetto è stato asportato, lui lo ha fotografato e di lì lo abbiamo portato in galleria- mi disse Minetti nel 2013-il tetto era il più bello e l’abbiamo usato come immagine della mostra…La reazione del pubblico è stata pessima a parte Germano Beringheli [all’epoca recensore delle mostre per Il Lavoro, Il Secolo XIX]”.

Oggi l’archivio Minetti è stato parzialmente donato all’Archivio di arte contemporanea dell’Università di Genova (ADAC), fondato dal critico Franco Sborgi, che nonostante sia un archivio pubblico rimane un luogo poco accessibile ai ricercatori.
Spero che la sua scomparsa possa risollevare interesse nei confronti di un protagonista dell’arte contemporanea internazionale che merita di essere studiato e conosciuto dalle generazioni più giovani.

Ciao Paolo!

[Emanuele Piccardo]