Antonino Terranova. Ecologia malattia senile

Torvaianica, fotografia di Alessandro Lanzetta

Ecologia malattia senile dell’ideologia luogocomunista della metropoli consumista?
Che io abbia il dente avvelenato con il conservazionismo spocchioso della formula demagogica controproducente risulta dalle voci Ecomostri e Consumo che compilai l’anno passato per la Biennale di Architettura rispondendo all’ironia sorridente di Franco Purini.
Il perché è presto detto, la militanza anni sessanta-settanta per Italia Nostra e per l’ANCSA si scontrava con formulazioni pregiudiziali e fanatiche crescenti: non si trattava di fare bene o meglio quella strada, ma di evitare che la si facesse; non si trattava di ridimensionare quella strada bellissima tra Campidoglio e Foro romano già percorribile dal traffico anche privato, e di coniugarla con la bella esigenza di restituire continuità tra il colle e la valle, ma si trattava di eliminarla (fu fatto, non ci si riuscì con la via dei Fori imperiali; oggi sembra il turno della Sopraelevata); si arrivò ad impedire un camposanto scavato in forma di croce da Pomodoro dalle parti di Urbino (oggi starebbe tra il cretto di Burri a Gibellina e il camposanto scavato di Miralles e forse il Memoriale berlinese di Eisenman!) perché –naturalmente, è naturale…come l’acqua minerale!- nei fotogrammi prima-dopo il prima con alberi verdi era sempre pre-feribile (non si diceva “sostenibile”).

Allora il mio commilitare era già alla frutta. Con l’ANCSA in seguito faticammo non poco per promuovere azioni di recupero urbano strategico tali da conservare non gli oggetti ma i processi storici, anche discontinui, e insomma una corretta evoluzione della “città vivente”, la strada era in salita perché era già il tempo delle formule: il modello bolognese di ultra-conservazione edilizia ed urbana socialmente inverificata aveva le carte anche politiche in regola; la città storica era ormai il centrostorico; nascevano alla metà degli anni settanta simultaneaamente il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali (ogni cosa identica all’altra, un paesaggio ed una tazzina: sotto il segno dogmatico della conservazione e della (non detta, allora) valorizzazione secondo ideologia-metodologia totalizzante) e la Lega Ambiente che politicizzò la Conservazione finallora elitaria proprio mentre esordiva una politica Conservazionista o Conservatrice sotto le insegne pauperiste e moraliste dei Sacrifici e, figuriamoci, le domeniche in bicicletta.

Il Modello riformista del Centrosinistra quello vero era fallito: una Italia attraversata dall’autostrada del sole e punteggiata di Motel Agip e Jolly Hotel, di Villaggi turistici tipo-Valtur e magari di qualche lungomare con torre panoramica alberghiera (il tipo edilizio che continua a garantire il massimo di uso pubblico per rotazione del panorama) e perfino di misurate lottizzazioni come ce n’erano state a punta Ala o ad Arenzano e perfino qualche porto turistico (si disse Marina, e diventò un reato…ufficialmente!).
Ma spesso vi sono profezie che si autoavverano, astuzie della storia o eterogenesi dei fini. I sostenitori duri e puri della Tutela delle Sacre memorie e sponde stavano invece nel migliore dei modi apprestando i dispositivi più appropriati della messa in vendita mediante messa in scena nazionalpopolare piuttosto che pop o minimal di quello che ormai si chiamava in tutta Europa “patrimonio”. Si trattava di metterlo bene in vendita, o di svenderlo. Giudicheranno i posteri.

Allora però intanto io avevo torto e non me ne ero accorto, la malattia ero io che volevo tenere in equilibrio il già squilibrato, la metropoli planetaria stava atterrando con le sue dis-giunzioni anarcoidi nella “terra dei cachi” con le ovvie esagerazioni contrapposte compresenti di sciatteria ed archeologia, di museificazione e di disordinamento periurbano, e le riserve naturali ed i centri storici ed ormai i più bei borghi d’Italia e l’Agriturismo pervasivo costituivano davvero le “risorse” della principale post-industria del Bel Paese (quello delle gigantografie torinesi di Valterveltroni), un turismo ludico culturale de-sublimato a botte di sindrome di Stendhal che dall’epoca dell’olimpico Goethe godeva della sublime contrapposizione tra gli Ordini architettonici e le ombose Frasche con donzellette dei Castelli romani.

L’importante è che mentre percorri il casino tra barattoli ammaccati e latrine spezzate non li vedi e guardi invece i panorami paradisiaci dei parchi o degli itinerari ecologici circonvicini dove portare i bambini e di qualche centro storico pedemontano per il più anziano.
Però che gli stambecchi e i cinghiali debbano oggi essere abbattuti nei dintorni dei parchi naturali, che gli agriturismo siano tra le vittime eminenti degli incendiari di questa lunga estate calda, che quelli siano proprio gli stessi che dovrebbero poter campare con la coltivazione forestale, agripastorale, ludicoturistica di quei paradossali territori metropolitani, che il modello ideale del parco urbano sia ri-diventato il “giardinetto” con fontana di gesso e scivolo di legno vetero-ottocentesco (che Roma non abbia finora un vero parco paesaggistico come paesaggismo contemporaneo comanda dall’epoca remota di Marx, Burle, il migliore?), che per mesi intanto il capitale fisso urbano di Roma o Milano sia immobilizzato per la fuga isterica di chi cerca sempre più altrove una vita autentica cioè naturale cioè paesana e paesistica cioè regressiva…tutto ciò si comprende e forse è inevitabile ma (non)nasconde qualcosa che non va.

Dopotutto, proprio la originariamente trascurata Ecologia Umana, che pre-esisteva ai furori dell’ecologismo italiano extra-umano: oppure, ormai, alla post-umana svendita Mediterranea?

[Antonino Terranova]