Paolo Berdini_Ravello

Paolo Berdini
Oscar Niemeyer, Auditorium di Ravello

Archphoto pubblica un estratto dal libro dell’urbanista Paolo Berdini “Breve Storia dell’Abusivismo Edilizio in Italia. Dal ventennio fascista al prossimo futuro”, Donzelli Editore

Dalla terrazza dell’auditorium di Ravello si vedono le piscine della cricca Anemone.

L’auditorium di Ravello, inaugurato con grande solennità e squilli di tromba il 30 gennaio 2010, non è abusivo. Almeno non dovrebbe esserlo. All’inaugurazione infatti c’erano tutte le autorità istituzionali locali: come avrebbero potuto presenziare con l’abito da cerimonia e la fascia tricolore se la costruzione non avesse avuto tutti i crismi di legge? Eppure è così, la realizzazione dell’auditorium
appartiene alla categoria dell’opacità istituzionale, di quella protervia ormai sempre più consueta
nel mondo politico cui non interessa più il rispetto delle regole. Ciò che conta è il risultato da raggiungere nel più breve tempo possibile e a qualsiasi costo. L’auditorium in quel luogo meraviglioso non poteva essere costruito. La costa amalfitana e la penisola sorrentina sono tutelate da un piano paesistico approvato con legge regionale n. 35 del 1987. Il piano aveva avuto una lunga genesi, ma dopo l’entrata in vigore della legge Galasso si decise di approvarlo quale tributo alla meravigliosa
qualità dei luoghi, e il piano non permetteva di costruire nuovi edifici con quelle caratteristiche.
Apriti cielo. Potenti – almeno in quel fugace lasso di tempo – governatori regionali dichiarano solennemente che l’auditorium s’ha da fare perché dalla sua realizzazione
dipende il futuro di quel luogo. Figuriamoci se il sindaco si fa trovare impreparato. Ravello è un deserto per dieci mesi all’anno – tuona – e soltanto con l’auditorium prolungheremo la stagione turistica per almeno tredici mesi all’anno. E poi il progetto è di uno dei maestri dell’architettura mondiale Oscar Niemeyer, che volete di più. Non erano vere entrambe le affermazioni. È
infatti noto che la costiera amalfitana vive di un turismo distribuito in tutto l’arco dell’anno. E si scopre che non è Niemeyer a firmare il progetto. Si era infatti limitato a fornire un’idea di massima, ma ufficialmente è firmato dall’architetto Zeccato. Ma sono evidentemente questioni marginali perché i paludati innovatori, sempre pronti a bacchettare tutti coloro che non comprendono la modernità, iniziano a strillare come le oche del Campidoglio. Restano i soliti signornò, stavolta impersonati da Italia Nostra, che qualche competenza in materia di tutela se l’è guadagnata in
decenni di azioni per difendere il paesaggio, dal Wwf e da Vezio De Lucia (1), che i luoghi li conosce bene essendosi più volte cimentato nell’opera di recupero di Napoli.
Pochi difensori senza potere mediatico contro un blocco di potere potente quanto inedito. Un nutrito
gruppo di intellettuali e di politici rigorosamente bipartisan– si va da Massimo Cacciari a Renato Brunetta fino a monsignor Papa, vicario dell’arcidiocesi di Amalfi e Cava de’ Tirreni – promuove un appello per chiedere di superare i vincoli. È sicuramente la prima volta che in Italia viene promosso un appello per chiedere che un’opera debba essere fatta anche se le regole – le leggi – non
lo consentono. Nella deriva culturale italiana vale di più un millantato ritorno economico che non rispettare i piani paesistici. Lo afferma esplicitamente anche la perizia di parte del Comune di Ravello a sostegno del progetto:
In particolare, la realizzazione di un edificio «a tipologia speciale» come un Auditorium, anche quando presenta dimensioni molto contenute come nel caso del progetto di Oscar Niemeyer, ha di per sé comunque una rilevanza dimensionale ed un’esigenza di utilizzo dello spazio interno
che tende a non adattarsi meccanicamente ai complessi, stratificati e sapienti corrugamenti del suolo della penisola amalfitana. Corrugamenti capaci invece di accogliere più agevolmente
(quando si vuole, e quindi non sempre purtroppo) soltanto l’edilizia «seriale» ad usi residenziali e turistico-residenziali che può articolare le sue volumetrie in funzione di una conferma più rigorosa delle regole geometrico-dimensionali delle sistemazioni di versante. D’altronde è difficile
immaginare siti, in un territorio siffatto, in grado di garantire un inserimento di opere con questa tipologia funzionale che non comportino comunque una modificazione delle configurazioni esistenti, come avremo modo di argomentare più avanti. Si tratta quindi di valutare, una volta accertata e
condivisa la necessità dell’opera per la comunità locale, l’idoneità del sito scelto
(2).

Una volta «accertata e condivisa la necessità dell’opera si deve andare avanti a qualsiasi costo, dunque. Italia Nostra e il Wwf non sono d’accordo e sulla base di una perizia urbanistica redatta da De Lucia fanno ricorso al Tar, che il 9 agosto del 2004 lo accoglie. La Regione guidata da Antonio Bassolino non si dà per vinta e ricorre al Consiglio di Stato che il 16 febbraio 2005 ribalta la sentenza
del Tar di Salerno giudicando inammissibile il ricorso di Italia Nostra per vizio di notifica. Inizia la trionfale costruzione dell’edificio.
La conclusione della vicenda, non fosse che per il fatto che lo sfregio al paesaggio è stato compiuto, è però comica, perché i teorici del primato dell’economia si sono dimostrati una volta di più patetici apprendisti stregoni. Appena terminata l’inaugurazione ufficiale, l’auditorium
di Ravello è stato diligentemente chiuso in attesa di tempi migliori. Si scopre così che tante menti illuminate non avevano pensato a costruire un progetto culturale e la conseguente struttura che ne garantisse il funzionamento. Non si è trovato neppure l’accordo per individuare le persone cui affidare gli incarichi. Eppure avevano trovato consenso sul concetto dell’efficienza contrapposta all’immobilismo dei vincoli.
Parlamentari come Ermete Realacci – all’epoca firmatario dell’appello – presentano interrogazioni per sollecitare la definizione della struttura dirigenziale. Qualche altro sottoscrittore non pentito cerca ancora di accarezzare il sogno infranto dello sviluppo:
Il Mezzogiorno alle volte deve piangere se stesso. Come prova la storia di ordinaria follia che qui raccontiamo. L’Auditorium progettato e donato da Oscar Niemeyer a Ravello,
inaugurato il 30 gennaio, è stato utilizzato un solo giorno (il 7 maggio) e rischia di restare chiuso sine die. Il Comune, che ne è proprietario, non ha né le risorse né le professionalità per
gestirlo. Tuttavia, rifiuta di darlo in comodato alla Fondazione Ravello, di cui esso stesso fa parte. Così un capolavoro architettonico, realizzato con i fondi europei per 18 milioni di euro, sembra condannato a rimanere, se non una ennesima cattedrale, una preziosa cappella, abbandonata nel deserto culturale del Sud. I lettori di questa rubrica forse ricorderanno le polemiche che divisero le organizzazioni ambientalistiche su questa iniziativa: a favore Legambiente e Wwf, contraria
Italia Nostra, secondo uno spartiacque che si richiamava all’eterna querelle tra innovatori e tradizionalisti
(3).

Chissà se è vera la divisione tra modernità e tradizione di cui parla Pirani. È sicuramente vero che il gruppo di intellettuali che firmò l’appello pro auditorium e i politici di riferimento, ad iniziare dall’allora maggioranza di centrosinistra nella Regione Campania, non si sono resi conto che con quella sconsiderata pressione aprivano un’autostrada a ogni altra avventura. Quando si calpestano
le regole, si consente ogni sorta di arbitrio. Lo scandalo dei mondiali di nuoto svoltisi a Roma nel
2009 ha aspetti identici al caso Ravello. Per realizzare nuovi impianti natatori pubblici e per potenziarne altri di proprietà privata, anche a Roma si scelse l’indifferenza alla normativa paesistica. Alcune attrezzature sportive hanno infatti beneficiato delle procedure straordinarie pur essendo localizzate in aree su cui vigeva un vincolo paesistico. Il Salaria Sport Village, il più noto della serie,
è addirittura localizzato a pochi metri dalle sponde del Tevere, in area di esondazione. Per tentare di rimediare, il consiglio comunale vota nel luglio 2009 un ordine del giorno che:
impegna il Sindaco e la Giunta a superare le problematiche che possono condizionare il potere del Commissario delegato […] prestando, nel rispetto della legge e delle ordinanze del Presidente del Consiglio, l’intesa necessaria a realizzare interventi in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche e al
vigente regolamento edilizio
(4).

Insomma, prima faccio in barba a ogni legge e poi si ricorre alla cultura della sanatoria. Anche a Roma alcuni «tradizionalisti» protestarono, ma furono ignorati sulla base di motivazioni identiche a quelle utilizzate a Ravello. È meglio un’opera che produce ricchezza piuttosto che l’astratto rispetto di regole. Dalla terrazza dell’auditorium di Ravello, che viene lodata – come se fosse un merito dell’opera – perché «si coglie un panorama straordinario», si vedono anche le
piscine della cricca Anemone (5). Sono fatte degli stessi ingredienti procedurali e della stessa protervia.

[Paolo Berdini]

(1) Vezio De Lucia è stato il responsabile per la ricostruzione dopo il terremoto del 1980. È tornato a Napoli nel 1993 come assessore all’Urbanistica della giunta Bassolino e a lui si deve il complesso disegno pianificatorio di Napoli. Di questo e di molto altro si parla in V. De Lucia, Le mie città.
Mezzo secolo di urbanistica in Italia, Diabasis, Reggio Emilia 2010.
(2)C. Gasparrini, Relazione tecnica stragiudiziale giurata relativa alle Questioni di legittimità urbanistica e ambientale del progetto per un nuovo auditorium nel comune di Ravello ad opera di Oscar Niemeyer, Napoli, gennaio 2004.
(3)M. Pirani, Auditorium di Ravello, per chi suona la campana, in «la
Repubblica», 17 maggio 2010.
(4)C. Cerasa, La presa di Roma, Bur, Milano 2009.
(5) C. Zunino, Sciacalli. Storia documentata della cricca che ha depredato l’Italia, Editori Riuniti, Roma 2010.