Luca Mori_Kazuyo Sejima & Ryue Nishizawa

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L’architettura bianca prosegue il suo viaggio da Le Corbusier ai giorni nostri attraverso diverse trasmutazioni. Abbiamo già assistito a diverse reinterpretazioni del moderno: la riproposizione purista di Siza, l’astrazione sintattica derridiana di Eisenman e quella più composta di Meier, la scomposizione dinamica neocostruttivista di Zaha Hadid.
In generale questi esperimenti conducono delle sintesi astratte, ad un solipsismo linguistico che non può più esprimere alcuna ideologia.

Nell’architettura di Sejima e Nishizawa il bianco ha la leggerezza della seta o della carta di riso, gli spazi sono rarefatti, le superfici diafane. Qui la sospensione del senso si pone in continuità con il retaggio culturale giapponese, in maniera diversa da quella radicale che ha caratterizzato le avanguardie europee del ‘900. La chiarezza del programma e del diagramma è il loro presupposto operativo, nella volontà di andare oltre la forma soggettiva, a favore della chiarezza del segno, ideogramma distillato in un vuoto lasciato ad accogliere il corpo.

Le abitudini del vivere disegnano gli spazi, confermando quel registro dell’estetica presente in tutte le arti orientali e quindi anche, ad esempio, nel cinema di Ozu, dove nei limiti di un’inquadratura composta e fissa sono i personaggi a segnare lo scorrere degli eventi e delle stagioni.
La lezione di Ito si fa effettivamente sentire, ma qui è resa più intimistica, alla ricerca di un rapporto esistenziale tra il corpo e lo spazio, una ricerca tesa a comprendere le abitudini quotidiane di chi lo abita.

Lo vediamo nella “Casa in un giardino di pruni” a Tokio che SANAA ha progettato per una famiglia di cinque persone. Essa ha una pianta a forma di trapezio irregolare e si articola su tre piani collegati da una scala contenuta in un volume posto quasi nel mezzo della costruzione. I temi fondamentali, dimensioni ridotte e continuità, qui possono essere ben individuati.
L’obiettivo è quello di permettere la convivenza a più persone in uno spazio limitato, garantendo tuttavia ad ognuna un personale rapporto con gli spazi domestici e quindi una propria autonomia. Questo porta alla parcellizzazione ed alla miniaturizzazione delle funzioni pur all’interno di un’unitarietà di linguaggio e di forme. E’ un’architettura contraddittoria in cui l’artificio si fonde con la natura, come nell’arte del bonsai o dell’ikebana.
Lo spazio interno di questa casa è organizzato secondo divisioni teoriche, le partizioni interne sono confini assolutamente ambigui che separano ma nello stesso tempo consentono il collegamento, aderendo in ciò ad un diagramma bidimensionale, com’è tipico di Sejima.
Lo spazio interno è diafano e luminoso. La struttura perimetrale è sottile ed è formata dall’assemblaggio di pannelli sandwich di acciaio di uno spessore di 10 cm ca. finiti con vernice antiriflesso all’esterno e contenente uno strato isolante di 3 cm; ad essa sono saldate le lastre di partizione interna, dello stesso materiale ma ancora più esili. Tutte le superfici sono bianche.
L’approccio adottato nella casa dei pruni viene utilizzato in scala più grande nel progetto per la School of Management and Design di Essen.
Altrove vi è una ricerca scultorea più dichiarata come nel New Museum of Contemporary Art di New York dove i lievi sfalsamenti dei volumi verticali fanno penetrare la luce ad ogni livello e nello stesso tempo soddisfano i limiti imposti dalla normativa locale.
Gli studi per il Museo d’arte Contemporanea del XXI secolo di Kanazawa sono un’altra prova del procedimento diagrammatico.
Qui la disposizione geometrica aderisce alla volontà di graduare il passaggio dagli spazi comunitari disposti lungo il perimetro verso gli spazi istituzionali previsti più all’interno.
Colpiscono i grandi disegni realizzati con il CAD appesi alle pareti, dove è stato utilizzato un unico tratto sottile di penna, apparendo così come delle opere di arte concettuale, dei grovigli di segni intraducibili, delle superfici alla Kiefer dove il bianco domina, come nelle foto degli interni dei negozi (Miyake) e delle abitazioni dove i corpi ripresi con un effetto “mosso” si stagliano sugli sfondi opalescenti.
Nel progetto per gli uffici Novartis ci viene proposta la trasparenza totale da un lato all’altro dell’edificio; gli alberi del cortile entrano visivamente negli spazi di lavoro.
Nel Centro Civico di Onishi invece le superfici continue vetrate disegnano contorni che ricordano quelle di microrganismi e si fondono organicamente nella morfologia del terreno.
Nell’EPFL Learning center di Losanna l’edificio stesso si fa terreno sinuoso con una sinusoidale variazione di sezione. Gli spazi comuni ricevono luce zenitale dai larghi fori circolar realizzati sulla copertura, permettendo al cielo di entrare all’interno negli spazi comuni.
Tenendo ferma la qualità indiscutibile delle operazioni progettuali, è importante riflettere sul fatto che questi oggetti urbani hanno comunque una loro valenza d’immagine che attrae clienti dal mondo della moda come Dior o Vuitton; la rarefazione e la leggerezza, il vetro trattato, il metallo, le superfici diafane ed i volumi semplici sono propri dell’immaginario legato alla tecnologia ed al digitale e quindi ad una forma di consumismo evoluto. Se la matrice storica può essere quella della cultura giapponese è poi il mix mediatico globale che opera una trasmutazione degli elementi linguistici nel senso di una omologazione non immune dalle dinamiche di mercato. Si tratta di un meccanismo cui l’architettura non può sfuggire, almeno quella del mainstream, e forse per essa oggi può valere come una garanzia di senso. Desta qualche perplessità l’allestimento che ha visto le pareti della basilica palladiana celata da veli bianchi, quasi a testimoniare una volontà di astrazione e rapporto autistico con le forme.

Kazuyo Sejima è nata nel 1956 nella prefettura di Ibaraki, in Giappone. Nel 1981 si laurea in architettura alla Japan Women’s University ed entra nello studio Toyo Ito & Associates. Nel 1987 fonda lo studio Kazuyo Sejima & Associates e otto anni dopo crea lo studio SANAA con Ryue Nishizawa. Dal 2001 è professore alla Keio University di Tokyo.

Ryue Nishizawa è nato nel 1966 nella prefettura di Kanagawa, in Giappone. Nel 1990 si laurea in architettura alla Yokohama National University ed entra nello studio Kazuyo Sejima & Associates. Nel 1995 fonda lo studio SANAA con Kazuyo Sejima e nel 1997 crea lo studio Office of Ryue Nishizawa. Dal 2001 è professore associato alla Yokohama.
[Luca Mori]

luca@lucamori.com

www.sanaa.co.jp

Kazuyo Sejima & Ryue Nishizawa - SANAA
BASILICA PALLADIANA, Piazza Dei Signori, Vicenza
dal 30 ottobre 2005 al 29 gennaio 2006
tutti i giorni 10.00/18.00 chiuso lunedì
aperto 31/10, 26/12, 02/01

Allestimento e mostra curati dall’Associazione ABACO