Emanuele Piccardo_Tschumi, il progetto è movimento

Spesso si parla di star, archi-star senza però fare alcune distinzioni, come nel caso di Bernard Tschumi, ospite dell’Osservatorio sull’architettura, per una lecture-intervista ideata da Pino Brugellis, curatore dell’Osservatorio e Giovanni Damiani, critico-studioso dell’opera del maestro svizzero. Lo scenario è quello altisonante del salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio, nella Firenze che non vuole nessun contatto con l’architettura contemporanea, se non quella squallida che produce un ex radicale come Natalini, o come dice qualcuno “Naftalini”, nell’area di Novoli.

Firenze è un mix di contemporaneo (i turisti che occupano il centro) e contemporaneo (l’incontro con Tschumi) e sabato 19 marzo si è avuta l’impressione che Tschumi parlasse come un marziano alle orecchie del Biagi, assessore all’urbanistica comunale, reo non confesso di proporre una politica urbana insignificante a partire dal parcheggio della Fortezza da Basso fino alle nuove residenze di Novoli affidate all’ex radicale.

L’architettura contemporanea, quella proposta da Tschumi, convince nello stretto rapporto tra espressione di un concetto e sua materializzazione. Il movimento è uno dei fulcri principali del suo modus operandi che lo porta a ridefinire, progetto per progetto, sito per sito, le condizioni formali e sociali in cui si concretizza il pensiero di un’architettura fortemente politica.

Negli anni Sessanta le frequentazioni dei movimenti radicali italiani e inglesi, superstudio, UFO, Archigram ne plasmano la forma mentale che lo porterà a decostruire la struttura nel Parc de la Villette, tempio del flusso e del movimento delle persone che vengono accompagnate dalle architetture attraverso i volumi “rossi” e la copertura sinuosa che diventa l’elemento unificatore di tutto l’ensemble.
“Il parco si basa sulla sovrapposizione del movimento sul sistema di attività…”, afferma Tschumi che ha dovuto ragionare in termini di architettura vivente per un ciclo di 24 ore.

Per Tschumi “l’architettura non è indipendente dalle altre discipline”, non a caso cita il cinema quale arte da cui imparare il movimento, la sequenza, ma soprattutto il montaggio.

“architettura = spazio-evento-movimento”

Quello che stupisce dell’architetto svizzero figlio di Jean Tschumi, noto architetto del moderno, è la semplicità con la quale si pone verso gli altri, diverso in tutto dal suo alter ego Koolhaas, ciò si denota anche nell’approccio progettuale del cantiere pechinese. Lì in evidente polemica con altri colleghi, H&DM e Koolhaas, progetta una struttura alveolare in orizzontale realizzata in lattice, in contrapposizione alla verticalità estrema delle nuove architetture occidentali che verranno costruite nella capitale cinese. Tschumi lavora in un edificio industriale pre-esistente, la ‘Factory 798′, destinato a cantiere di arte contemporanea perciò con necessità di una certa elasticità nel collocare le funzioni, di qui la scelta del materiale.

Già in un precedente progetto, ‘Le Fresnoy Art Center’, decide di ri-usare lo spazio esistente ed aggiungere un involucro metallico che definisce nuovi ambienti; in questo caso il budget ridotto ha obbligato Tschumi a rivedere il progetto dimostrando la sua capacità a risolvere le problematiche in corso d’opera, qualità che dovrebbe possedere ogni architetto, ponendo al centro, sempre, il fruitore dello spazio.

Forse nel ‘Museo dell’Acropoli di Atene’ le sue concezioni teoriche, la volontà politica di progettare le condizioni formali dell’architettura si sono scontrate con le logiche di potere ateniesi, producendo un risultato architettonico più scontato e meno forte rispetto ad altri esempi come la ‘Concert Hall di Rouen’, costruita in soli 12 mesi con 300 operai per soddisfare l’esigenza di rielezione del sindaco.

“L’architettura non è solo quello che si costruisce ma quello che si scrive, si pubblica… non c’è un concetto unico di architettura”: molti architetti per Tschumi cercano di partecipare al movimento del consumismo.

Le occasioni di ascoltare i protagonisti dell’architettura sono sempre più frequenti, si denota però l’assenza di una educazione alla cultura architettonica, in questo l’Osservatorio sull’architettura si distingue per aver scelto un tema, “L’architettura come linguaggio”, che può essere ricercato non solo nei soliti noti ma soprattutto in quegli architetti “sconosciuti”, che producono linguaggi e teorie architettoniche sperimentali in Italia e nel mondo.

[Emanuele Piccardo]

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